LICENZIAMENTI. Il “motivo economico” non è vangelo.

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Licenziamenti - Flaica Lazio

Importante sentenza della Cassazione la  n°5173 del 16-3-2015

La Corte, chiamata ad esprimersi su appello di una società avverso ad una sentenza favorevole al lavoratore licenziato, ha ribadito sue precedenti orientamenti e ha affermato che:

“il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, della L. 15 luglio 1996, n. 604, ex art. 3, è determinato, non da un generico ridimensionamento dell’attività imprenditoriale, ma dalla necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, soppressione che non può essere meramente strumentale a un incremento di profitto, ma deve essere diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti.

Il lavoratore ha quindi il diritto che il datore di lavoro dimostri la concreta riferibilità del licenziamento individuale ad iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo-organizzativo, e non ad un mero incremento di profitti, e che dimostri inoltre l’impossibilità di utilizzare il lavoratore stesso in altre mansioni equivalenti a quelle esercitate prima della ristrutturazione aziendale”.

Questa sentenza inconfutabilmente stabilisce che il licenziamento non può avvenire per una generica riduzione dei costi o per ristabilire livelli di profitto accettabili per il padrone ed offre nuovi spazi per un proficua difesa dei lavoratori in caso di licenziamento.

E’ utile quindi, nel momento di impugnazione del licenziamento, prestare attenzione oltre che alle ragioni produttive organizzative anche a quelle riguardanti la situazione economica generale.

LA SENTENZA