Cumulo pensione e lavoro. Dal 1° luglio attenti alle quote.

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IL CUMULO PENSIONE REDDITO.

 Dopo le modifiche apportate dalla legge 133 del 2008, si riepilogano le compatibilità del sistema pensionistico.

 PENSIONI CON CALCOLO RETRIBUTIVO

 A partire dal 1° gennaio 2009 le pensioni che rientrano nel sistema di calcolo retributivo sono del tutto cumulabili con i redditi da lavoro. La regola vale oggi, oltre che per le pensioni di vecchiaia e per le pensioni di anzianità raggiunte con 40 anni di contribuzione, anche per quelle raggiunte con 58 anni di età e 35 di contribuzione per i lavoratori dipendenti, 59 di età e 35 di contributi, per gli autonomi. Questo fino al 30 giugno 2009. A partire dal 1° luglio si conseguirà infatti la pensione con il sistema della quote: quota 95 per i lavoratori dipendenti (cioè età minima 59 anni e 36 di contributi) e quota 96 per i lavoratori autonomi (60 anni di età e 36 di contributi).

 PENSIONI CON CALCOLO CONTRIBUTIVO

Il divieto di cumulo è stato abolito anche per le pensioni calcolate con il sistema contributivo. Sono cumulabili le pensioni raggiunte con 35 anni di contribuzione e l’età prevista per le pensioni calcolate con il sistema retributivo (v. paragrafo precedente). Sono cumulabili, inoltre, con i redditi da lavoro dipendente e autonomo le pensioni liquidate a coloro che sono in possesso di un’anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni e a coloro che hanno un’età anagrafica pari o superiore a 65 anni se uomo, 60 anni se donna.

ESCLUSIONI DALLA NUOVA DISCIPLINA

 Rimangono i limiti previsti dalla vecchia normativa per:

–          gli assegni di invalidità

–          le pensioni ai superstiti

–          le pensioni dei lavoratori socialmente utili liquidate provvisoriamente

–          gli assegni straordinari per il sostegno del reddito

–          i lavoratori che trasformano il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale

 

ASSEGNO DI INVALIDITA’

 Per gli invalidi, la legge prevede un doppio taglio dell’assegno se il titolare continua a lavorare. La pensione si riduce del 25% se il reddito supera di quattro volte il trattamento minimo annuo Inps (nel 2009 è di € 23.826,40) e del 50% se va oltre le cinque volte (€ 29.783).

Se l’assegno ridotto resta comunque superiore al minimo Inps (€ 458,20 nel 2009) può subire un secondo taglio. Ciò dipende dal numero dei contributi sulla base dei quali è stato calcolato:

con almeno 40 anni di contributi non c’è alcuna trattenuta aggiuntiva, perché in questo caso l’assegno è  Interamente cumulabile con il reddito da lavoro dipendente o autonomo, come previsto per le pensioni di vecchiaia e di anzianità;

con meno di 40 anni di contributi scatta la seconda trattenuta che varia a seconda che il reddito provenga da lavoro dipendente o autonomo. Nel primo caso è pari al 50% della quota eccedente il minimo Inps (€ 458,20 nel 2009). Nel secondo caso invece è pari al 30% della quota eccedente il minimo e comunque non può essere superiore al 30% del reddito prodotto.

In caso di trasformazione dell’assegno in pensione di vecchiaia si applica la relativa disciplina del cumulo.

 PENSIONI AI SUPERSTITI

 Le pensioni ai superstiti non subiscono alcuna riduzione se il titolare ha un reddito inferiore a tre volte il trattamento minimo annuo Inps (€ 17.869,80). Vengono ridotte, invece, del 25% se il reddito è superiore. La riduzione sale al 40% se il reddito è superiore a quattro volte il trattamento minimo Inps (€ 23.826,40) e al 50% se il reddito è superiore a cinque volte il trattamento minimo Inps (€ 29.783,01).